laRepubblica 4 aprile 2020 Ogni solitudine contiene Tutte le solitudini passate Il signor Eremio viveva…
Le feste dell’austerity sotto il cactus di Natale
Perché chiediamo un Monti bis quando ce l’abbiamo già? Il nostro premier è già doppio, un giorno dice una cosa e il giorno dopo il contrario, passa da catastrofista a ottimista, annuncia sventure e salvezze. A Dubai spiega in perfetto inglese che la catastrofe è evitata e gli investitori stranieri stanno tornando, sull’aereo si toglie il vestito blu, indossa una tuta di cuoio sadomaso.
E dice che la recessione continua, il servizio sanitario è a rischio e bisognerà tassare ancora. Un giorno l’Unione europea è solida come l’Impero di Carlo Magno e il giorno dopo è la Regione Lazio. Ocse e Bankitalia dicono il contrario del premier, e lui si guarda bene dallo smentirli. Quale è il motivo di questi voltafaccia? Suggeriamone tre.
Uno: Monti e i suoi soci fanno i furbi: come tutti gli economisti sanno che più confondono le acque, più i cittadini si disorientano e più gli specialisti possono continuare i loro affari.
Due: Monti ha capito che se Silvio è riuscito a governare vent’anni sparando cifre false e balle incoerenti forse può riuscirci anche lui.
Tre, siamo governati a nostra insaputa da due gemelli: Mario Monti, e Piermario Monti. Li puoi distinguere solo da un particolare: uno quando dice la parola “tasse” piange, l’altro ride, ma poi decidono le stesse cose. Solo Montezemolo riesce a distinguerli dall’odore del dopobarba.
L’ultima trasformazione di Monti Bis è sul Natale. Prima ha detto che gli italiani potranno tornare a spendere. Poi si è messo le mutande di cuoio e insieme alla sezione Maya dell’Istat ha annunciato che sarà un Natale miserabile. Già sono state pubblicate le statistiche, le nere previsioni, le vendite in calo, i torroni invenduti. Negozianti e clienti si guardano con odio. Non possediamo più l’arte di arrangiarci, l’abbiamo sostituita con l’arte di lamentarci. Cerchiamo di capire come sarà questo Natale di crisi.
L’albero di Natale. Ci sarà una tassa sugli ornamenti. Quindi addio agli alberi di Natale carichi di palle colorate e festoni argentei. Non possiamo neanche tornare ai vecchi alberi decorati con dolciumi e candeline, i dolciumi saranno il necessario pasto, le candeline serviranno se ci tagliano la bolletta. E se non siamo capaci di fregare un abete da un bosco, anche l’albero è un lusso. Si dovrà fare il ficus di Natale, o il cactus di Natale, o il nonno di Natale avvolgendolo di luci intermittenti quando si addormenta.
Qualcuno potrebbe riciclare quei terribili pupazzi-abete che roteano gli occhi e cantano White Christmas con la voce della Cancellieri. Ma risulta che l’ottanta per cento di queste orrende creature sia stata eliminata a bastonate, oppure sbranata dai cani. In quando alla letterina a Babbo Natale, i bambini stiano attenti a chiedere troppo: copia delle letterine dovrà essere consegnata a Equitalia che vedrà se c’è coerenza tra le richieste del pargolo e il reddito familiare. Una frase come “vorrei un costume da Zorro” potrebbe anche provocare un incursione con lancio di lacrimogeni.
Babbo Natale. Se qualcuno cammina sui tetti con la barba lunga non illudetevi: non è Santa Claus, è un pensionato che dà la caccia ai gatti per cucinarli. In quanto ai giocattoli, ne arrivano milioni dalla Cina, e la Finanza li sequestra perché sono tossici e pericolosi. Non conosciamo analoghi interventi su merendine americane, bibite semialcoliche per dodicenni e applicazioni per telefonino.
Il presepe. Tutto sarà regolamentato. Il Vaticano non vuol pagare tasse sugli alberghi di lusso. Però la capanna non è un cinque stelle, ma ha una stella sola, anche se cometa. Equitalia ha chiesto tempo per decidere quale tassa applicare. Grandi cambiamenti nell’arredamento. Il Papa ha detto che il bue e l’asinello quella notte non c’erano. Non si sa chi glie l’ha detto, se lo Spirito Santo o un Corvo. Senza bue e asinello la capanna non sarà riscaldata, ma è meglio che il bambinello nasca al freddo, così quando arriverà a scuola sarà abituato. In ogni presepe sono concesse cinque statuine, e cinque pecorelle. Un numero maggiore di presenze, specialmente con musica celestiale, verrà considerato rave party e quindi proibito. I re magi, in tempo di crisi, porteranno come doni un dattero in tre.
Regali. Anzitutto riduciamo il materiale scolastico, perché tagliare i fondi alla scuola è da sempre la priorità di ogni governo. Addio confezioni di ventiquattro matite colorate. Addio astucci rigonfi, gomme morbide e temperini sfavillanti. Dovrà bastare una sola biro. E dovrete comprarla perché quest’anno le banche non regaleranno strenne né penne. Anzi, quando entrate in una filiale, attenti a lasciare la borsa negli armadietti. Il regalo scolastico più utile è certamente il quaderno di carta igienica riciclabile, perché il governo italiano non può dissanguarsi per le manie di pulizia degli scolari. Quindi prima scrivete il tema, poi usate la carta del tema per i vostri bisogni. È sconsigliato invertire le due operazioni.
Abbigliamento. Tagli del cinquanta per cento. Comprate solo la metà inferiore dei pantaloni, quella che sporge dal cappotto, come nei film di Totò. Il costoso chinchilla non è più di moda, torna molto chic la nutria, abbiamo visto le sorelle Fendi a caccia nel Tevere. Gli stilisti useranno modelle di un metro e quaranta.
Libri. Tutti ripetono che costano troppo. Quindi per risparmiare comprate un tablet da settecento euro con cui potrete scaricare tutti i volumi che volete. Poi giocateci ai videogame, guardate le puntate televisive registrate, chattate da treno a treno, twittate, usatelo come vibratore per i piedi e finalmente leggete dieci righe di libro, ma soprattutto usate le applicazioni, scoprite quante volte Tolstoi usa la parola “sebbene” e leggete il testo del Pulcino Pio in urdu. Naturalmente il tablet andrò cambiato ogni anno, non potete farvi vedere in giro con un modello vecchio. Sarà un bel risparmio.
Il cibo. Nel tempo in cui un’ora su due in televisione è dedicata alla cucina, e presto verrà servita l’amatriciana nei dibattiti, forse solo il cibo non subirà flessioni di vendita. Però, per risparmiare, ecco alcune ricette povere.
Minestra di fagioli al cucchiaio. Cucinate un abbondante minestrone di fagioli. Poi lasciate nella pentola i mestoli e i cucchiai necessari per servirla in tavola. Lentamente essi sprofonderanno nella palude della zuppa. Dopo una settimana, il metallo si sarà unito al minestrone e potrete mangiare sia la minestra, sia le posate. Vi riempirà lo stomaco e il ferro fa bene alle ossa.
Panettone plen air. Prendete un panettone e lasciatelo sulla tavola. Verrà depredato dell’uvetta e dei canditi in poco tempo. A questo punto riempite ogni buchetto scavato con aria compressa. Otterrete un panettone grande come una mongolfiera. Riempie moltissimo. Attenzione però a eventuali flatulenze, perché il redditometro le considera parametri di lusso.
Polpettone Ticonosco. Tirate fuori dal surgelatore tutti gli avanzi dell’anno passato e confezionate un polpettone esattamente uguale a quello del Natale 2011. Se qualcuno si lamenta del sapore, ditegli che fa dell’antipolitica.
Insalata alla bancaria. Prendete al mercato, o rovistando nella spazzatura, due cespi di insalata malaticcia, una carota esangue e una cipolla depressa. Al momento di condirli vi rendete conto che siete rimasti senza olio. Andate dal vicini di casa per chiederne un bicchiere in prestito. Vi diranno che per prestarvi un po’ d’olio, dovete fornire come garanzia l’attestato che possedete una damigiana d’olio, o un frantoio in Puglia. Se no come possono essere sicuri che lo restituirete? Mangiate l’insalata condita con acqua e sale, riflettendo sul perché si chiama bancaria.