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Gravi sintomi di epidemia

A soli dieci giorni dall’inizio del Mondiale già
si registrano i primi casi di Emo, estremondialismo
acuto. È bastato un gol di Schillaci, una
raffica di interviste a Gufo di Montezemolo e
l’inattesa notizia che gli stadi reggono. E subito
il morbo estremondialista è divampato. Quali
sono i sintomi da cui si riconosce un caso di Emo?

LINGUAGGIO INFRATELECRONICO (INFRA)
Disturbo che nasce dalla continua convivenza nella
testa dell’Emo di pensieri quotidiani e ossessione
calcistica.
Il padre fondatore dell’Infra è Bruno Pizzul
con la seguente frase pronunciata in diretta:
«Con la cartolina Unicef si può salvare la
vita di un bambino ma seguiamo gli sviluppi di questa
azione».
L’infratelecronico è quindi una lingua
lardellata da brani di telecronaca diretta o da
ricordi di telecronache precedenti. Esempi: «Ho
un gran mal di testa ma vediamo con sollievo che
Giannini si è rialzato e sta riprendendo il
gioco». Oppure «Cara, festeggiamo il gol
del vantaggio, ti desidero tanto ma proprio in questo
momento l’arbitro fischia la fine del primo tempo e
rimanda le squadre negli spogliatoi».

NEVROSI PATRIOCALCICA
Contro l’ondata di “pseudoculturame” che
disprezza i grandi vantaggi, specie futuri, del
Mondiale, l’Emo consulta i suoi testi sacri: gli
articoli di Cannavò, direttore della
“Gazzetta dello Sport”, detto
«l’Alberoni coi tacchetti», le dichiarazioni
di Edvige Fenech inventate (speriamo) da “Novella
2000”: «Se l’ltalia vince il Mondiale, Luca
mi sposa», e testi classici come D’Annunzio,
Starace, Bossi e le figurine Panini. In seguito a tale
esperienza l’Emo non riesce più a usare nulla
che non abbia il logo di Italia Novanta.
Dopo aver mangiato tutti i centotrentasei prodotti
alimentari sponsorizzati, comprese le tre forme di
grana padano primo secondo e terzo, l’Emo si ammala.
I familiari riescono a fargli prendere due aspirine
soltanto disegnandoci sopra lo stadio di Bari.
Nella pancia gli gorgoglia l’orrenda sigla di Moroder.
Con l’aumentare della febbre insorgono accessi smodati
di delirio patriottico contro chiunque si opponga al
regolare svolgimento dei mondiali: nell’ordine il
maltempo, i Cobas, gli inglesi, gli olandesi, i
tedeschi, i capalbiesi e i custodi dei musei. Si
odono invettive del tipo «io questi teppisti
tedeschi li manderei tutti a vedere Masaccio!».
Nella fase semifinale e finale della malattia l’Emo
obbliga la moglie a vestirsi come l’Africa di Missoni
e ingurgita benzina per assumere il caratteristico
color semolino-Montezemolo.
Non esiste antidoto.

OLITE SPASTICA
Malattia che si contrae facendo collettivamente la
“Ola”, ovverosia alzandosi in successione
dal proprio posto allo stadio, in modo da creare
l’effetto ottico di un’onda marina. L’estremondialista
pretende di fare la “Ola” anche al bar o in
famiglia, causando la protesta delle persone anziane o
sofferenti di artrosi. Di notte l’Emo viene spesso
colto da attacchi di “Ola” solitaria, ed
è molto difficile dormirgli vicino.
Grande diffusione al contagio della “Ola”
è venuta dal fatto che anche Andreotti vi
ha partecipato. In effetti la “Ola” è
una delle poche occasioni in cui si sia visto Andreotti
alzarsi da una sedia. La specialità di
Andreotti non è però la “Ola”
ma l'”Ulo”, un uso particolare
dell’attività politica che gli italiani
subiscono da anni e a cui sembrano sostanzialmente
assuefatti.

SINDROME DI GRUNDIG
Colpisce l’Emo sotto forma di un’immotivata e insana
paura di un guasto al televisore. Abbiamo visto bar con
tre televisioni, ma si segnalano casi anche in
abitazioni. I sintomi iniziano in modo lieve: ad
esempio con la frase «teniamo accese insieme Rai
Uno e Telemontecarlo cos&igrave se si guasta una
possiamo vedere l’azione sull’altra». Il morbo
peggiora con la tendenza ossessiva a lavare lo schermo
con straccio e alcol perché «il giallo del
Brasile non è il solito giallo».
Nell’ultima fase della malattia si hanno: frequenti
scalate all’antenna del tetto, anche mortali,
sovrapporsi di sette televisori uno sull’altro in forma
totemica, allucinazioni con spot, faces Biscardiana,
coma grammatico, exitus e sigla finale delle trasmissioni.

MORBO DEL BUON RITIRO
Consiste nella fissazione che qualcosa possa turbare
il prezioso «clima di serenità creatosi in
seno agli azzurri nel ritiro di Marino». È
di ieri la notizia che a Trento un padre ha riempito
di botte il figlio di sei anni perché a
mezzanotte aveva fatto cadere una bottiglia dal frigo.
«Ha rischiato di svegliare Vialli», ha
dichiarato il patriota.

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