laRepubblica 4 aprile 2020 Ogni solitudine contiene Tutte le solitudini passate Il signor Eremio viveva…
Io, presidente telecronista
Cittadini ed elettori, indovinate chi è il nuovo telecronista Rai che dal
Giappone vi racconterà Italia-Croazia? Ebbene sì, sono il vostro
Silvio, il benito fardato, il piduista ridipinto, il saltaprocessi, lo
sforabilanci ma soprattutto il bugiardo cronico, tutte qualità che mi
fanno amare da voi. Ho normalizzato i grandi giornali del Nord, ho cancellato la
satira dalle televisioni, la Rai è rasa al suolo e il tigiuno
giovedì apriva con la scritta: per un guasto tecnico siamo costretti a
mandare in onda solo immagini del presidente del consiglio. Un’idea
del mio staff promozionale. Con tutto questo metà del paese mi odia, e
nell’imminenza dei ballottaggi devo usare l’arma totale, cioè
i mondiali di calcio e la popolarità che ne deriva. Perciò eccomi
telecronista ad interim. Vi giuro che sarò, come sempre, assolutamente
sportivo e disinteressato e non tenterò alcun imbonimento a favore del
mio governo.
Vedete il meraviglioso stadio di Kashima, che contiene trentacinquemila
spettatori, moltiplicateli per cinquanta e avrete l’idea di quanti posti
di lavoro ci saranno in Italia entro pochi anni. E’ uno stadio
modernissimo ma è niente in confronto al ponte di Messina, al quale sta
già lavorando un pool composto da Lunardi, Miccichè e Totò
o’squalo, che hanno già speso un milione di euro per fare la riga
bianca in mezzo al mare. Ammirate il pubblico colorato e festante, composto per
lo più da lavoratori coreani e giapponesi con la maglia azzurra, lavorano
diciotto ore e mangiano solo riso usato, il sogno di d’Amato e anche di
qualche sindacalista nostrano.
Appare chiara, già nelle prime immagini televisive, l’evidente
superiorità della nostra civiltà. Basta con gli arabi macilenti e
i negri coi capelli verdi per far dispetto a Bossi, basta con i sudamericani
spettinati e sputacchioni. E guardate i ceffi extracomunitari dei mercenari
Croati, e quelle orribili maglie a quadretti che sembrano una tovaglia di
ristorante. Ascoltate i loro assurdi nomi che sembrano gli pseudonimi di Previti
quando apriva i conti all’estero. I nostri assi invece hanno cognomi
secchi e bisillabi, passi di marcia verso un radioso futuro, Buf-fòn,
Tòt-ti, Viè-ri, Nè-sta, un duè, un duè. Undici volti
di ragazzi italiani in elegante maglia azzurra, chiaro omaggio al partito di
maggioranza. E se non cantano l’inno di Mameli, pazienza. Le passioni
patriottiche non vanno esibite, devono succedere dentro, come dice Fini quando
insegna ai poliziotti come picchiare i manifestanti. Gioca Zanetti e non
c’è Inzaghi, ma secondo i giornalisti presenti Trapattoni sa sempre
quello che fa. L’arbitro fischia il calcio d’inizio proprio mentre
Lunardi lancia in mare il primo mattone del ponte. L’inizio è un
po’ noioso, sembra un discorso di Pera. Dopo dieci minuti i giornalisti
già insinuano che Trapattoni non sempre sa quello che fa. Dopo venti
minuti sono tutti d’accordo che forse Trapattoni non sa più quello
che sta facendo. Comincia a andar tutto storto: un croato comunista pesta un
piede al nostro Nesta (so anche essere poeta!). Subito dopo Doni sbaglia un
gol. Che delusione, e pensare che Doni l’ho scoperto io, da piccolo lo
tenevo sulle ginocchia. Insomma si arriva all’intervallo e tutti
concordiamo che la Croazia è tosta, che Trapattoni è un incompetente e che
sul ponte di Messina grava il pericolo dei saraghi mangiapiloni. Ma ecco
entrare in azione il vostro premier risolvitutto, il pataccaro salterino, il
finanziere inarrivabile. Telefono allo spogliatoio croato promettendo che se nel
secondo tempo ci fanno vincere avranno tre regali. Uno, il ponte Spalato-Rimini
con due sole colonne portanti. Due, un milione di posti di lavoro per reggere a
mano il ponte tra le due colonne. Tre, tutti i residenti in Italia col cognome
che finisce in “ic” non pagheranno tasse. D’Amatic Agnellic,
Bossic, Pavarottic, sono entusiasti dell’idea… Purtroppo per trovare
questi soldi sono costretto a vendere Venezia ai giapponesi. Sono entusiasti e
organizzatissimi, per risolvere il problema dell’acqua alta hanno
già previsto una squadra d’intervento: dieci milioni di volontari
ognuno con una cannuccia.
E, come speravo, nel secondo tempo la Croazia torna in campo sfiatata e confusa,
da undici leoni son diventati undici Maroni. Facciamo gol con Vieri, ma un
fottuto guardalinee danese comunista annulla, e quel che è scandaloso, ha
la bandiera a quadretti proprio come la maglia della Croazia. E’ evidente
il disegno persecutorio nei nostri confronti. Ma ho in serbo una mossa segreta.
Faccio avvertire Vieri che se non segna, non solo non potrà più
avvicinarsi a una mia velina, ma lo manderò una settimana a Ibiza con la
Moratti. E’ lo choc che ci voleva. Vieri decolla in aria gridando
“No, Letizia no” e segna un gol strepitoso. Grande Bobo, l’ho
scoperto io, da piccolo mi teneva sulle ginocchia. Sembra fatta, il buco in
bilancio svanisce e il ponte avanza, ma i ragazzi azzurri sono stanchi. Il Trap
non interviene e Vieri esala l’ultimo respiro in area. Boksic,
che ha l’età di Pisanu, corre più dei nostri. Ma anch’io
ho commesso un errore. Mi son dimenticato di corrompere tali Olic e Rapaic che
erano sotto la doccia. Il primo mi buca la difesa. Il secondo, extracomunitario
irriconoscente, dopo aver mangiato nel nostro piatto a Perugia, segna con un
pallonetto di culo. L’Italia reagisce generosamente, ma Trapattoni
è come imbalsamato, se prima sembrava Napoleone adesso ricorda Rutelli.
Fa entrare Pippo ma anche se facesse entrare Pluto e Paperino è tardi, la
vecchia maledizione del rigore di Baggio torna a aleggiare come un condor su di
me. Totti prende in pieno un palo, e poi l’abietto guardalinee jutland-marxista
ci annulla un altro gol. Giuro che la prima guerra che faccio è
contro i danesi. Perdiamo e siamo tutti tristi, meno la Moratti che si è
comprata un baby doll di orbace e telefona a Vieri: allora quando partiamo?
Bobo ha un collasso. Ma se gli azzurri non vincono col Messico,
sequestro la playstation a tutti e gli prendo le impronte digitali, ma mi faccio
spedire la mano a casa. E adesso ricominceranno a dire che porto sfiga, e
intanto le brutte notizie si moltiplicano. Il buco del bilancio si è
aggravato e forse dovremo chiedere un prestito all’Argentina. Per trovare
un po’ di contante siamo costretti a vendere la Sicilia agli Usa. Il
progetto del ponte resta, solo che gli americani lo vogliono uguale a quello di
Rialto e costerà un po’ di più. Per finire, all’ultimo
momento mi comunicano che c’è stato un piccolo errore nei conti.
Avevamo detto un milione e quattrocentomila posti di lavoro e il ponte entro il
duemiladieci. Invece sono duemilaedieci posti di lavoro e il ponte tra un
milione e quattrocentomila anni. Ma so che continuerete ad avere fiducia nel
vostro vecchio pataccaro. E poi cos’è questa storia che se uno
segna un gol in più, si prende i tre punti e arraffa tutto? Vi sembra
democratico, questo? Vi sembra che io mi sia comportato così? Ripeto,
guai a voi se dite ancora che porto sfiga. Se vincevamo era la vittoria della
mia Italia. Così, fate pure il processo a Trapattoni. Io sono solo un
povero telecronista.