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L’emozione di leggere “Lolita”

Lolita, libro scandaloso soprattutto per chi non lo ha letto, chiacchierato e
frainteso, citatissimo e misterioso. Un libro che vive nel luogo comune un po’
torbido dell’ambiguità di una ninfetta, e nel vergognoso desiderio di un uomo
maturo. Filtrato dal bellissimo film di Kubrick, che però ne fece una sua
personalissima, ironica rivisitazione, e poi semplificato da qualche patinato
remake. Lolita è molto più della sua sulfurea fama. È
anche un libro scandaloso, ambiguo e inquietante, ma è soprattutto
un grande libro sull’amore, sulla dannazione della bellezza e della passione
senza età, senza limiti, senza salvezza o sollievo. È un libro
sull’Europa e sull’America, e sul loro attrarsi e corrompersi. Sulla volgarità e
sulla inviolabile dolcezza della gioventù. Sugli opposti fantasmi del desiderio
e del decoro maschile. Un libro che finisce con la dichiarazione d’amore eterno
di Humbert a Lolita invecchiata, sposata, ferita dalla vita.

Ho iniziato a leggere Lolita cinque anni fa, in varie occasioni, in
teatri e università. Sono rimasto stupito da quanti non lo conoscessero, e hanno
poi voluto leggerlo. Ho scelto con fatica e molti dubbi una ventina di brani,
con piccoli adattamenti dalla stupenda traduzione di Giulia Arborio Mella. Da
Giorgio Rossi è poi venuta la proposta di accompagnare la lettura con
movimenti di danza: non verso una descrizione, ma verso l’emozione, come
è nel suo straordinario stile. Tre ballerine, Lo, Dolly, Dolores, i tre
nomi di Lolita. A questo si è aggiunta la musica dell’amico Paolo
Damiani. Ci buttiamo in Dancing Lolita con un brivido, con grande
rispetto e soprattutto con una speranza. Che dopo averlo visto, molti vadano a
rileggere Lolita, o a leggerlo una prima volta.



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