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Nel regno di Nibor Dooh

Il tempo si è fermato, nel magico reame di Nibor Dooh, l’eroe che
ruba ai poveri per dare ai ricchi. La banda della new economy e
della Casa delle new Libertà ha inscenato un dibattito
parlamentare che sembrava l’addio al celibato di Nosferatu. E’
stato come tornare indietro di sessant’anni. Su una maggioranza
già mummificata di gerarchi sonnolenti, scelbiani riciclati e
giovani retrorampanti, aleggiava non già lo spirito di Bill
Gates, ma quello di John Wayne e Amin Dada. In questo aroma di
new naftalina, l’unica emozione era ogni tanto il rumore di un
diessino che evaporava. A niente è valso il generoso tentativo di
Casini che, per riportare in aula un soffio di modernità, si è
esibito all’hula-hoop. Gli eroi del new rinnovamento italiano
sono in marcia verso un radioso passato. Ricordiamoli.
Mario Scajola

Promosso da portatelefonini di Silvio a lacrimogenocapo, si è
subito rivelato politico di spessore condominiale. Il suo
ideologo è Baygon, e infatti parlava dei manifestanti come di
insetti nocivi da disinfestare. Va bene che crescere all’ombra di
Berlusconi espone ai colpi di sole, ma Scajola Pistola dà già
segni di squilibrio e arroganza pari a quelli del suo datore di
lavoro. Come Silvio, Scajola Pistola è un soave bugiardo. Parla
dell’efficienza di una polizia che, volente o nolente, è andata
in crisi davanti a qualche centinaio di mascherati. Come Silvio,
ha derubricato il reato di falso in bilancio, non azzeccando mai
il numero dei feriti e degli arresti. E soprattutto soffre anche
lui di conflitto di interessi. Da una parte l’idea sovversiva di
una polizia non separata dal paese, come vorrebbero molti
cittadini e non pochi poliziotti.
Dall’altra il sogno di un gigantesco corpo di Vigilanza Privata
che scorti la Casa della Libertà nel suo cammino di disinfezione
della democrazia. Cosa sceglierà Scajola Pistola?
Ruggiero. Abbiamo capito perché è l’uomo di fiducia di
Agnelli: perché ha la sensibilità politica e civile di un
copertone d’auto. Gonfio, trionfo, perennemente immerso in una
sonnolenza post-prandiale, ha scritto sulla fronte “Aspetto
Istruzioni”. Se il cavaliere o l’avvocato non danno ordini, non
si muove, è forato. E’ vero, questa non è la repubblica delle
banane, è la repubblica del melone, il moderno e inesistente
Ruggiero.
Silvio Nibor Dooh. Non abbiamo ancora le prove che porti
sfiga, ma che sia inviso alla natura, sì: una tromba d’aria che
fa un pelo ad Arcore, incendi a raffica, l’Etna che si incazza.
Va a visitare i feriti ridendo come un ebete, facendo finta che
siano stati colpiti dai botti di Capodanno e mentre passa le
flebo esplodono e i gessi si crepano. Al G8 sembrava più
preoccupato del buffet e degli arredi che di quello che succedeva
fuori. Nei confronti di Bush è stato di una reverenza salivare.
Quando al presidente americano è caduta la forchetta sotto il
tavolo e Silvio si è chinato a raccoglierla, i presenti hanno
temuto un secondo caso Monica Levinsky.
Fini. Un caso drammatico per il leader di An. Anni e anni
di lifting democratico e operazioni di plastica poi, alla prima
prova seria, è imploso. Mentre parlava delle manifestazioni si
sentivano detonare bolle di silicone e volavano via straccetti e
cotolette di faccia. Il sorriso rassicurante è diventato un
ghigno di pitbull e tutti hanno notato che gli è cambiata anche
la voce hollywoodiana, da Cary Grant alla strega di Biancaneve.
Uno dei peggiori collassi strutturali mai accaduti su un
organismo vivente italiano dai tempi di Valentino e Gina
Lollobrigida.
Casini. Da un cattolico ci aspettavamo, se non il
perdono, almeno un filo di comprensione. E’ passato dalla Madonna
di San Luca che i deboli aiuta alla Madonna di Cesena che se non
obbedisci ti mena, e alla Madonna di Corato che ti confessa senza
avvocato.
I diesse. Non sono più comunisti, neanche antifascisti
perché non sono sicuri che Silvio sia fascista, non sono più
centristi perché lo sono già tutti, sono ormai abilissimi in
concerti e feste scudetto ma a fare opposizione non ce la fanno
più. Sembra stiano preparando un ennesimo nuovo simbolo. Tutto
bianco con la scritta “saldi”. Non si sa se è un invito a tener
duro o a chiudere bottega. I loro militanti però sono incazzati e
per niente disposti alla liquidazione. Tempi confusi. Meglio
Rutelli che ha le idee chiare e ha già detto che nel 2005 il
leader del centro-destra sarà lui.
Prodi. Lui, che non è mai voluto sembrare moderno,
l’unico politico italiano in bianco e nero, è lì che ingoia boli
e magoni tre alla volta. Ha sempre l’aria di uno che non la fa da
una settimana. Ha mandato già il siluro di D’Alema, tutte le
grane europee e adesso deve far finta che l’Italia sia un paese
democratico in una tranquilla Europa. Forse un giorno si
ribellerà. Esplodi, Prodi, dì quello che pensi e smettila di
farti chiamare mortadella. Spara i tuoi pistacchi.
Maroni. Ha licenziato Agnoletto perché lavora per lo
Stato ma non ci crede troppo. Adesso tocca a Bossi.
Ciampi. Vigile, attento, garante di tutti. Quando gli
hanno comunicato che c’erano scontri a Genova ha detto “ma il
campionato non era finito?”. Non vede, non sente e non parla in
ottimo inglese. Il presidente della Repubblica di tutti gli
italiani che dormono. Ce ne vorrebbe uno anche per il giorno.

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