Era una bella giornata di primavera. Il nevischio mummificava le rondini e raffiche ai duecento…
Sotto choc petrolifero
Da “Storia d’Italia” per le scuole medie, 1998. Nel 1990,
dopo il comunismo, fu il capitalismo a crollare miseramente.
Bastò un dittatore, tale Saddam, sponsorizzato dai mercanti
d’armi di tutto il mondo, a mettere in crisi il sistema.
Saddam cercò di rapinare la Banca di Kuwait, sede di una favolosa
fortuna. Ma durante la rapina scattò l’allarme e Saddam fu
circondato dagli eserciti di ventisei paesi, compresa tutta la Marina
americana. Lo choc petrolifero sconvolse l’Occidente, le Borse
collassarono e Everardo Dalla Noce fu sostituito da un equìpe
di cardiologi.
Ma non fu l’Irak a dare il colpo mortale. Approfittando del fatto che
tutti gli eserciti erano in Kuwait per salvare l’economia mondiale,
l’esercito lussemburghese, armato dalla Lego, invase il Belgio e da
lì, senza incontrare la minima resistenza, conquistò
l’Europa.
La sorte peggiore toccò all’Italia. Il paese viveva proprio
in quegli anni il Regime della Vecchia Camorra Organizzata e della
Nuova Cafoneria Vip. Lo choc petrolifero lo schiantò.
Gli uomini che fino ad una settimana prima avevano celebrato il
primato dell’imprenditorialità tricolore, rilasciarono
interviste lamentose dando la colpa non ai mercanti d’armi o al
regime petrolifero feudale, ma agli antinucleari e alle mamme.
In pochi mesi, intere fortune andarono in fumo. Basta ricordare la
fine che fecero i nove uomini più ricchi d’Italia. Pietro
Barilla, nonostante avesse comprato una laurea a Bologna pagando
il rettore in fusilli, fece bancarotta. La sua “pasta per
risparmiatori”, il maccherone con otto buchi, ebbe scarsissimo
successo. Il secondo a crollare fu Benetton. Dopo aver colonizzato
con i suoi negozi mezza Italia, proprio mentre stava per coronare
il suo sogno (un negozio Benetton al posto degli Uffizi), ebbe un
tracollo in Borsa. Settecento azionisti e duemila pecore si uccisero.
Pesenti e Italcementi resistettero un po’ in più. Grazie alla
mafia, infatti, i costruttori continuarono ad aggiungere piani ai
palazzi, perché gli appalti potessero proseguire.
Quando i grattacieli raggiunsero gli ottantesimi piani e cominciarono
a crollare, anche Pesenti crollò. Poi fu la volta di Ferrero,
che cercò di vendere la Nutella come arma chimica, ma fallì
perché era già arrivata la Kraft con le sottilette.
Seguì il crack di Salvatore Ligresti. Ma dato che nessuno
aveva mai capito come aveva fatto i soldi Ligresti, nessuno
riuscì a capire come aveva fatto a perderli.
Poi venne il turno di Carlo De Benedetti. Anche per lui fu difficile
diagnosticare la crisi perché commerciava in “noncentro”
(si infilava in tutte le iniziative e poi diceva che non c’entrava).
Negò di avere un patrimonio di tre miliardi di dollari, si
imbarcò sul suo jet personale e restò in volo due anni.
Quando riatterrò, cercò di tornare alla sua prima
attività, la “sola” cibernetica. Attualmente vende
videoregistratori nei parcheggio degli autogrill.
La fine di Raul Gardini fu particolarmente rapida. Il colosso Montedison
iniziò a bollire e fuse con una reazione, visibile a chilometri
di distanza. Gardini dovette vendere la sua barca “Moro di
Venezia” per comprarsi una cena di pesce a Venezia. Ora fa il
bagnino a Cervia e ha un pedalò d’ebano. Silvio Berlusconi chiese
aiuto alla Pidue, ma la Pidue era troppo occupata nel traffico d’armi.
Allora iniziò a vendere tutte le televisioni e le frequenze, poi
il Milan pezzo per pezzo e tutti gli appartamenti di Milano Due. Quando
rimase solo in un monolocale con la Carrà e Sacchi da mantenere,
si suicidò impiccandosi a un elicottero.
Gianni Agnelli resistette più a lungo. Quando il mercato dell’auto
calò, licenziò tutti meno i fedelissimi. Purtroppo commise
un errore. Per comprare il kitkat a Romiti, vendette un sistema puntamento
missili a un vecchio signore. Il signore, che era un ex artigliere di San
Marino, puntò un missile su Roma e i sanmarinesi conquistarono
l’Italia. Agnelli, sconvolto dalla sua fesseria, uscì di senno e
diventò comunista. Attualmente è presidente della squadra di
calcio dell’Uisp di Crespellano.
Certo furono anni spietati, in cui una vita veleva molto meno di un barile
di petrolio. Ma pochi avrebbero detto che un regime così fiorente
sarebbe caduto. Ma tale è la Storia: essa si diverte a giocare con
le sorti degli uomini e a punirli, specie nei tempi in cui, come è
stato scritto, «la stupidità diventa destino».
Frase profetica, soprattutto se si pensa che chi l’ha scritta ancora
non conosceva De Michelis.